A spasso per la Sicilia, meraviglia barocca
“Ragusa, Modica, Scicli sono perle irregolari”, spiega Paolo Nifosì, già professore di Storia dell’Arte all’università di Catania, autore di diversi libri, tra cui Sicilia Barocca Ibla delle Meraviglie e un libro in preparazione dal titolo Barocco di Modica. “A differenza di Noto, dove dopo il terribile terremoto del 1693 dieci famiglie di baroni, principi e arcipreti si affidarono al gesuita architetto Angelo Italia per disegnare la città nuova e dar vita a grandi palazzi che impegneranno per un secolo abili mastri, a Ragusa, Modica e Scicli la grande ricostruzione si modellò sui tracciati medievali, intorno ad antichi castelli. Così, in questi tre luoghi si verificherà un’inconsapevole immagine del termine barocco, che significa perla irregolare”.
Le “perle di Sicilia”
Non a caso il famoso architetto Paolo Portoghesi definisce Scicli una “perla dentro una conchiglia”, Giuseppe Bufalino chiama Modica una “melagrana spaccata” e Ragusa, dice Nifosì, “mostra la forma di un pesce o di una grande schiena d’asino”. Leonardo Sciascia, nella prefazione a un libro di Nifosì, sottolinea l’opera inventiva dei capi mastro che si ispirarono certo al barocco romano del Seicento, ma anche al tardo barocco europeo del Settecento (il rococò tedesco), di cui circolavano allora delle stampe. A Roma dominava il travertino, nel sud est della Sicilia fu scelto il calcare dorato ibleo, una pietra solare, ora color grano, ora color miele. Un’unicità irripetibile. “Nel Sud est della Sicilia”, prosegue lo storico siciliano, “domina la sorpresa, la meraviglia. Ragusa, Modica, Scicli sorprendono nella varietà dei punti di vista. Tre città cugine, ma con delle differenze. Modica è monumentale, si colloca in un tessuto più ampio. Ragusa Ibla invece gioca sulla scenografia di un asse centrale che va da Piazza Pola alla piazza del Duomo con la straordinaria immagine di San Giorgio.
La conservazione imperfetta
Scicli condensa molte architetture monumentali in uno spazio ristretto e nello stesso tempo di irripetibile dialogo con la natura. Per certi versi rassomiglia a una cittadella della Cappadocia e, perché no, a Matera con l’insediamento millenario delle sue grotte. A differenza di Pantalica, dove si possono ammirare i resti della necropoli, qui permane fino al 1950 la continuità abitativa”. Come dovrebbe vivere il turista questi luoghi, chiediamo al professore? “Nella loro globalità” afferma Nifosì, “perché il monumento coincide con la città”. Lo storico siciliano approva la conservazione che di questi monumenti è stata fatta nel tempo, ma in qualche caso ammette che c’è stata poca filologia da parte dei restauratori. Un esempio? “Nella facciata della chiesa di San Matteo di Scicli”, egli dice, “avrei mantenuto le patine storiche, che con il restauro sono saltate”. Un altro appunto lo storico siciliano lo riserva alle maggiori guide europee che dedicano poche righe a queste tre città, tutte siti UN ESCO. Anche se la gente che è arrivata qui negli ultimi dieci anni, soprattutto grazie ai film sul commissario Montalbano, quando riparte non rimane mai delusa. “Tutti ammettono che non si aspettavano di vedere città cosi belle, un museo a cielo aperto, naturalmente da gustarsi a piedi”, conclude lo storico siciliano.
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