Pistacchio di Bronte – l’oro verde della Sicilia
Verde, profumato e, soprattutto, unico: il pistacchio di Bronte è un frutto davvero speciale.
Infatti questa varietà cresce sui terreni accidentati della cittadina etnea e in nessun’altra parte d’Europa e solo qui presenta un colore verde smeraldo così brillante e un profumo così intenso, resinoso, pieno.
Con circa 3.500 ettari di coltura specializzata (di cui 415 ricadono nel Parco dell’Etna), ne rappresenta l’area di coltivazione principale (più dell’80% della superficie regionale) con una produzione dalle caratteristiche peculiari.
“Il nostro pistacchio cresce sulle colate laviche dell’Etna“, afferma Nunzio Caudullo, produttore e referente del Presidio Slow Food, “per questo ha caratteristiche uniche al mondo”.
Avvitato su ripide strade che si inerpicano tra l’Etna e i monti Nebrodi, Bronte vive di pistacchi: c’è chi li coltiva, chi li commercia, chi li trasforma in dolci, creme e salse.
“Gli alberi non vengono concimati, non sono irrigati – anche perché di acqua non ce n’è – si trattano pochissimo e si potano un paio di volte, per eliminare i rami secchi e togliere le gemme negli anni di scarica”, prosegue Caudullo.
Il pistacchio, infatti, un anno produce e un anno riposa e, durante questa fase, i contadini eliminano le poche gemme spuntate sui rami in modo che la pianta possa immagazzinare tutte le energie per esplodere nella stagione successiva.
Attesa per due anni, la raccolta è il momento clou. Tra la fine di agosto e l’inizio di settembre il paese si svuota, nei loci (nome siciliano delle pistacchiete) lavorano tutti: donne, vecchi e bambini.
La raccolta è difficile, spesso avviene stando in bilico sui massi di lava, aggrappati ai rami con una mano, mentre con l’altra si staccano i chicchi uno a uno, per farli cadere nella sacca di tela legata al collo.
È un gioco veloce di mani pazienti e macchiate dall’abbondante resina dei rami, una festa e una fatica tanto attese, alle quali con diversi compiti partecipa tutta la famiglia.
In una giornata di lavoro si raccolgono al massimo 20 chili di pistacchi. Solamente nei terreni meno impervi ci si può aiutare sistemando un telone sotto l’albero.
Appena raccolto il pistacchio deve essere privato della pelle che ricopre il guscio, il malleolo, ed asciugato al sole per almeno tre/quattro giorni, pena infezione parassitaria.
Il pistacchio di Bronte è una risorsa versatile
Il pistacchio di Bronte viene usato per molti scopi. Apprezzato per il suo gusto particolare e per la sua versatilità in cucina e in pasticceria, è impiegato nell’industria dolciaria per preparare torte, paste, torroni, mousse, confetti, gelati, e granite, ma è ottimo anche nei primi e nei secondi piatti o negli arancini.
Viene spesso utilizzato nella preparazione degli insaccati quali mortadelle e soppressate e persino nel settore cosmetico.
Se ne ricava, infatti, “un olio ideale per la cura della pelle secca e invecchiata“, afferma Biagio Marullo, figlio dello storico produttore Alfio, che spiega: “Grazie al nostro tecnologo e agli studi effettuati abbiamo capito le potenzialità dell’olio di pistacchio e abbiamo fatto testare il prodotto. Gli studi hanno confermato la validità dell’idea”.
Ogni due anni (quelli dispari) a Bronte si raccolgono oltre 30 mila quintali di pistacchi che rappresentano appena l’1% della produzione mondiale ma che, per Bronte, rappresentano l’elemento economico più significativo: una ricchezza che vale oltre 20 milioni di euro e che viene per la maggior parte esportata.
Infatti, l’80% del prodotto brontese è esportato all’estero, soprattutto in Europa (Francia, Germania, Svizzera, Stati Uniti, Giappone), il restante 20% trova impiego nell’industria nazionale (il 55% nell’industria delle carni insaccate, il 30% nell’industria dolciaria e il 15% nell’industria gelatiera).
“La nostra cittadina è un importante centro per il mercato del prodotto sgusciato”, precisa Caudullo, “che viene venduto ai grossisti a 28,50 euro al chilo. Al dettaglio poi si arriva anche a 60 euro”.
Il pistacchio di Bronte viene commercializzato sotto diverse forme:
- Tignosella (pistacchio non sgusciato, chiamato “babbalucella”),
- pelato (sgusciato e privato dell’endocarpo),
- granella,
- farina,
- bastoncini,
- affettato
- pasta di pistacchio.
Dal 2009 il pistacchio di Bronte è diventato una DOP ed è anche tutelato da Slow Food con un apposito Presidio.
“Avviato”, dichiara Nunzio Cadullo, “per far riscoprire ai consumatori questo prodotto di altissima qualità, promuovendo anche la grande pasticceria siciliana, quella capace di valorizzarne al meglio le qualità. A Bronte non c’è negozio, bar, pasticceria che non proponga dolcetti a base di pistacchio. Croccanti, fillette (specie di savoiardi), torroni e torroncini, paste, torte e così via. Perlopiù sono preparazioni in cui il pistacchio ha preso il posto della mandorla; dolci che appartengono alla storia recente del paese, quella degli ultimi vent’anni”.
Sulla proliferazione della vendita di pesti, creme e altri derivati, Caudullo invita alla cautela e consiglia di acquistare solo i prodotti con marchio Dop.
Un altro mito da sfatare riguarda la convinzione che il pistacchio faccia ingrassare: infatti, come afferma il professor Nicola Sorrentino, specialista in Scienza dell’Alimentazione, “Una porzione da 30 grammi (49 frutti) apporta soltanto 160 calorie ed è ricca in proteine di buon valore biologico, molto utili a completare il profilo qualitativo e quantitati vo delle altre proteine vegetali”.
Si tratta, quindi, di grassi sani, che svolgono un’azione protettiva contro le patologie cardiovascolari.
Testo a cura di Francesca Pierpaoli
Foto di Peggy Janssen/Cocofeatures.com
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