Cortesie per gli ospiti a San Casciano dei Bagni
Un cuore di pietra ma un’anima leggerissima, fatta di luce e di colore, di orizzonti e di campagna. Situato nei pressi di San Casciano dei Bagni, nella frazione di Palazzone, questo casale seicentesco chiamato Podere Il Ceppetto, già presente nel Catasto Leopoldino, apre lo sguardo alla natura, dominando un panorama di armonia e di bellezza. Una scommessa architettonica nata dalla ferma volontà dei proprietari, Giorgio Fabbrini, chirurgo pediatra, della moglie Paola Persichetti e del figlio Simone, giovane architetto, autore della ristrutturazione. Adibito una parte ad agriturismo, il casale misura 600 metri quadri e fu acquistato circa tre anni fa dalla famiglia Fabbrini, sedotta dal fascino della campagna toscana, dai suoi ritmi dilatati e così differenti da quelli frenetici della vita cittadina.
“Abbiamo deciso”, racconta l’architetto Simone Fabbrini, “di realizzare non una casa semplicemente dipinta di verde ma una dimora ‘fatta come siamo’ e in sintonia con ciò che le sta intorno”. Compito facile e nello stesso tempo complicato per uno come Fabbrini che ama trovare l’anima delle cose e non inscenare l’apparenza. “L’architetto”, dice Fabbrini, “è un pò come lo sciamano, deve interpretare i desideri dei committenti (in questo caso la mia famiglia) e metterli in pratica. Un tema ampio come quello affidatomi è tanto bello quanto pericoloso perchè invita all’esagerazione. Qui ho cercato di combinare tendenza e misura, invenzione e genius loci, avendo come criterio di moderazione il mio sentimento fortemente country”.
La casa, dunque, segue un suo karma, è giovane nella disposizione e nella scelta degli arredi, antica nella sua struttura esterna, ma con una livrea autorevole, ed ispira in ogni ambiente un accattivante senso di armonia. Le forme sono lineari così come il disegno planimetrico, il giardino è pensato quale parte dell’architettura e viceversa, con i profumi e gli stacchi cromatici a fare da denominatore comune dell’insieme. “Internamente”, spiega l’architetto, “ho cercato di riprodurre una tecnica antica, utilizzata dai vecchi contadini che cercavano di schiarire le travi di legno per combattere i tarli e utilizzare tonalità accese sulle pareti per allontanare gli insetti”. Gli spazi sono fluidi, non c’è un limite definito tra interni ed esterni: la casa si proietta al di fuori o, viceversa, l’esterno scivola all’interno regalando configurazioni sempre diverse, grazie soprattutto alla presenze di numerose porte-finestre.
In particolare, nell’ampio salone, diviso da un camino nero in cartongesso, ideato dallo stesso architetto, che, all’apparenza, potrebbe sembrare rivestito in lamiera d’acciaio. Contrariamente alla struttura esterna in pietra, lasciata inalterata, Fabbrini ha ridefinito gli interni in modo radicale, pur rispettandone lo spirito. Attratto dai contrasti, curioso delle differenze e sensibile all’innovazione, per questo suo lavoro ha accostato l’oggetto contemporaneo al pezzo rinvenuto per caso presso qualche rigattiere o a quello proveniente dalle altre case di famiglia. Distribuiti su due livelli, gli ambienti sono amplificati da semplici accorgimenti, come la pavimentazione uniforme a parquet di quercia antica e la quasi totale assenza di porte nella zona giorno.
L’estro di Simone Fabbrini nella ricerca, la sua capacità di identificare ed esaltare al massimo il potenziale estetico dell’abitazione, ha saputo fare la differenza. Una generale ottica shabby nutrita di oggetti di recupero oltremodo lievi ma eloquenti, intrecciando epoche e provenienze, materie e una tavolozza di colori semplici e naturali. Come quelli che caratterizzano gli arredi esterni che formano una piacevole zona conversazione per la famiglia e per i suoi sempre numerosi ospiti. Interno ed esterno ancora insieme, senza soluzione di continuità perchè, come recita un vecchio adagio orientale, “Dio dorme nella pietra e sogna nel fiore”.
di Aldo Mazzolani
foto di Corrado Bonomo
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