Déco anni Sessanta a Udine
Una passione nata quasi per caso e cresciuta insieme alla casa di campagna vicino Udine, tra il limitare di un bosco e la riva di un fiume, che hanno restaurato e arricchito di tanti fantasiosi arredi e oggetti assemblati con i materiali trovati sul posto o nei mercatini. Un’abitazione anni Sessanta che Ruggero Bosco e sua moglie Yoshido hanno ereditato dalla famiglia di Ruggero e che oggi fa da sfondo a uno splendido vivaio. Cinquant’anni dopo, il casale, ingrandito di un piano, ha mantenuto la propria identità originaria. Votata alle arti e imbevuta di cultura contadina, la casa è rimasta fedele alla filosofia del vivere in armonia con l’ambiente. “Il soffio del vento che spesso spira da queste parti”, racconta Ruggero, “è per me la più bella decorazione. Rigenera, rianima, ravviva la mia energia creativa”.
Creatività: ecco la parola chiave di questa casa-atelier. Fine ebanista e paesaggista ammirato, Ruggero ha abbellito il suo mondo domestico con le passioni e gli slanci del cuore, inseguendo una decorazione ardita e rinnovandola senza posa, usando l’impensabile e permettendosi l’incongruo, mescolando tutto con brio, provocazione e moderazione. Un delirio creativo, divagazioni ornamentali che ormai fanno scalpore, al punto che fare visita nella casa-vivaio di Bosco è un rito irrinunciabile per chi viaggia in Friuli, un privilegio che poi si fissa nella memoria.
Nel grande salone-pranzo al piano terra dominano i mobili realizzati con legno e ferro di recupero: i tavoli fatti con assi da cantiere e putrelle della vecchia soletta del sottotetto, la poltrona che dondola grazie alle balestre di una vecchia jeep, le alzatine ricavate da seghe circolari. Non c’è nessuna volontà di esibire uno stile particolare o di sfoggiare quella originalità che talvolta rimane inespressa perché non incontra il gusto del committente esterno. In questo caso infatti, come spiega Ruggero, “la decorazione solo accennata, prima che una scelta di stile, è l’espressione di una necessità”.
Quella di avere una casa adatta ad ospitare persone che lavorano e che conducono una vita dinamica. È da leggersi in questo senso, quindi, anche la decisione di ridurre gli arredi mobili a favore di armadiature a muro o di strutture fisse in legno realizzate su disegno, come quella che nasconde e avvolge la cucina. Parte del pregio di questa costruzione è da ricercare nella sua antichità. All’esterno, i mattoni delle murature originali sono stati portati a vista, scrostando parte dell’intonaco.
Al piano superiore, alcune delle camere sono ritagliate entro una successione di volumi creati appositamente, che riprendono la forma spiovente dei soffitti agricoli, creando una sorta di piccole case nella casa. Le stanze a tutta altezza, invece, hanno soffitti con travi a vista. Dal piano alto, dove trova posto la camera padronale, si ha una veduta privilegiata sulla campagna circostante e sul grande vivaio, attraverso le grosse vetrate che si aprono sul cortile interno. Un luogo incantato, sospeso tra sogno e realtà, tra speranza e immaginazione, dove la vita assume i contorni più veri.
di Marco Milani
foto di Margherita Del Piano
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