Trieste, dove la diversità diventa ricchezza
Crocevia di architetture, culture, religioni, etnie, lingue e sapori: Trieste esprime il fascino di un luogo di altri tempi. Città mitteleuropea per eccellenza, Porto Franco dell’Impero Asburgico, da qui sono passati e hanno lasciato traccia i traffici commerciali, la storia, gli artisti, i letterati. A distanza di poche centinaia di metri, convivono diversi luoghi di culto dal notevole pregio architettonico: splendida e affacciata sul Canal Grande si trova la neobizantina chiesa serbo-ortodossa dedicata a San Spiridione, dalla pianta a croce greca sormontata da cinque cupole dal caratteristico colore azzurro; poco più in là, sulle rive, la neoclassica chiesa greco-ortodossa di San Niccolò, mentre al centro, su via San Francesco, si erge uno dei templi israelitici più importanti d’Europa.
Passeggiare a piedi per la città, soprattutto in primavera, è il modo migliore per scoprirne le diverse anime.
L’incanto dei luoghi di Trieste
Attraversato il Canal Grande, si arriva alla più struggente immagine di Trieste: Piazza Unità d’Italia, che i vecchi chiamano ancora Piazza Grande e che è la piazza più estesa d’Europa che si affaccia sul mare.
Importanti palazzi ne delimitano i tre lati: il Palazzo della Luogotenenza austriaca, ora sede della Prefettura; il Palazzo Modello; il Municipio sulla cui torre ci sono due automi bronzei, “Mikeze e Jakeze” che fanno udire i loro rintocchi allo scoccare delle ore; il Palazzo Pitteri, il più antico della piazza; il Palazzo Vanoli, sede di un prestigioso albergo; il palazzo della compagnia di navigazione Lloyd Austriaco, poi Lloyd Triestino e ora sede della Regione e infine Palazzo Stratti, dove si trova lo storico Caffè degli Specchi. Trieste per molti aspetti è la città del caffè, sia perché, come porto del Mediterraneo, qui passano non solo i chicchi destinati allo stabilimento Illy, che in città ha la sua sede, ma anche quelli destinati ad altre torrefazioni italiane ed europee, sia per i suoi caffè storici, locali dal fascino retrò dove amavano incontrarsi illustri letterati come Svevo, Saba, Joyce.
Dai caffè al Molo
Accadeva al Caffè San Marco, fondato nel 1914 e ancora oggi luogo d’incontro per antonomasia. Frequentare questi locali fedeli al modello viennese, vuol dire tuffarsi nelle magiche atmosfere di fine Ottocento e inizi del Novecento, dove bere un caffè è solo una scusa per intrattenersi in questi ambienti ricchi di suggestione, magari leggendo un buon libro.
Il suggerimento è di visitare anche il Caffè Tommaseo e l’Antico Caffè Torinese. Trieste è anche una città di mare e i suoi abitanti ne sono dei grandi appassionati, così è facile vederli già ad aprile intenti a catturare i primi raggi di sole e in piena estate girare in centro in infradito. Da Piazza Unità d’Italia è naturale attraversare la riva e dirigersi verso il mare fino a entrarci dentro grazie al Molo Audace: il molo dove attraccò il torpediniere Audace alla fine della prima Guerra Mondiale è oggi un luogo dove molti giovani triestini trascorrono la serata in libertà, tra chitarra e chiacchiere con amici. Dal Molo la vista sulla piazza è mozzafiato, soprattutto la sera quando esprime la sua magnificenza grazie alle luci dei palazzi storici illuminati e alla recente installazione di led blu nella pavimentazione, a ricordo dell’antico mandracchio (specchio d’acqua riservato all’ormeggio) interrato tra il 1858 e il 1863. In prossimità del molo Fratelli Bandiera, ci si imbatte in uno scenario inusuale, un muro bianco taglia in due la spiaggia e arriva fino al mare: è lo stabilimento balneare “La Lanterna”, conosciuto con il nome, caro ai triestini, di “El Pedocin”, l’unico in Europa a conservare la divisione tra i sessi, i signori da una parte, dame e bambini dall’altra. Inaugurato durante l’Impero asburgico, intorno al 1903, venne progettato per prevenire “atti contrari alla decenza”, oggi invece assume un significato diverso, non tanto quello di separazione quanto di libertà: quella delle donne da un lato e quello degli uomini dall’altro.
I Buffet: un morso prima di proseguire
A Trieste si mangia nei Buffet, quindi per una pausa scegliete questa tradizionale formula: tipici locali triestini dove si servono bolliti di maiale utilizzando la tecnica della cottura in caldaia delle carni, nel pieno rispetto della tradizione austroungarica.
Per chi è di fretta, invece, un veloce e gustoso panino di porcina, coppa di maiale aromatizzata, condita con senape e kren (rafano fresco grattugiato, molto usato nella cucina triestina).
Continuando l’itinerario da Piazza Unità d’Italia, si prosegue naturalmente su via Cavana, che insieme a San Giusto e all’antico ghetto ebraico costituiscono il centro storico e il più antico insediamento di Trieste, la città vecchia. Alle spalle di via Cavana, un quartiere oggi in fermento si estende la zona dell’ex ghetto ebraico, che ospita attualmente prestigiosi negozi di antiquariato, rigattieri e librari. In particolare la “Rigatteria” della famiglia Di Pinto, da piccolo negozio di libri usati, con il passare degli anni, si è allargato dando spazio a edizioni più o meno rare, a oggettistica, mobili d’antiquariato, stampe e curiosità di ogni genere risalenti al periodo compreso tra la metà dell’ Ottocento e gli anni Cinquanta del secolo scorso. Non lontano da qui, si può ammirare il Museo Revoltella, nello splendore della sua galleria d’arte moderna. Passando per la città vecchia si arriva al colle di San Giusto, dominato dal castello e dalla cattedrale omonima. Da qui è possibile ammirare una suggestiva vista sulla città. Ma per estendere lo sguardo a tutto il Golfo, è indispensabile prendere la panoramica tramvia di Opicina, che percorre un tratto di circa 800 metri in forte pendenza e scendere alla fermata giusta, quella dell’obelisco.
La sorpresa del Teatro Romano
Ritornando in città, una piacevole sorpresa colpisce lo sguardo del visitatore, quando tra i palazzi della città ci si trova di fronte al Teatro Romano. Voluto dall’imperatore Traiano e risalente al I sec. d. C., venne riportato alla luce nel 1938. Non lontano da qui, al numero 30 di via San Nicolò, la libreria antiquaria Umberto Saba accoglie il visitatore in un’atmosfera particolare. Varcata la porta d’ingresso, sembra di tornare indietro di 100 anni, a quando nel 1919 il poeta la comprò: l’ambiente ingiallito, gli scaffali ricolmi di libri fino al soffitto, lo scricchiolio del pavimento in legno, i volumi antichi, le stampe d’epoca e il colto disordine della consultazione.
Ma la libreria è anche Mario Cerne, attuale proprietario dal 1981 e figlio del socio di Saba, impegnato a tenere in vita un pezzo di storia di Trieste. E a far la storia, non sono da meno le antiche botteghe senza tempo, con le insegne decorate, gli arredi tradizionali, gli infissi in legno, come le antiche farmacie o i negozi come la “Drogheria Toso” in piazza San Giovanni: dove tutto è rimasto immutato dal 1906.
Qui si possono trovare articoli unici, ormai neanche più in commercio.
I locali storici
Tra questi locali storici, anche il casalinghi “Podrecca” in via Mazzini. Discorso diverso invece per l’eccentrico “Katastrofa” (in via Armando Diaz) di Marco Puntin e Francesca Martinelli, il loro progetto consiste, infatti, nel recupero del passato nelle diverse forme e tipologie per farlo rivivere nel presente. Un’esposizione di oggetti vintage originali, da opere d’arte a mobili d’epoca, da vecchie macchine fotografiche a scatole antiche, ma tutti pezzi unici. Gli oggetti, spiega a Ville&Casali il proprietario, sono frutto di una ricerca accurata e sono esposti secondo una filosofia che è tutta un programma: l’allestimento del negozio varia ogni 15 giorni! Un ottimo metodo per attrarre sempre la clientela.
Molti sono anche i luoghi dove alloggiare, in una città cosmopolita e multiculturale come questa, con diversi stili e differenti possibilità. Tra le offerte di soggiorno disponibili segnaliamo Seven Historical Suite, a due passi dal suggestivo Canal Grande. Possiamo consultare il suo sito a questo collegamento.
La piccola Vienna sul mare
Se da una prima impressione, per l’architettura dei suoi palazzi, per i suoi caffè storici e le botteghe antiche, Trieste, come la definisce la scrittrice austriaca Edith Kenifl, “sembra una piccola Vienna sul mare”, ci si accorge, dopo qualche giorno, che la sua gente, il suo passato, i suoi sapori e i suoi colori, portano anche in Oriente, o meglio portano l’Oriente in Europa, suggerendo al visitatore un pensiero su Istanbul.
“Andar per Osmize”
Trieste è anche il Carso, a cui i triestini sono profondamente legati ed è qui che sopravvive e si ripete la tradizione “dell’andar per frasche”. Si parte da Trieste per raggiungere l’altopiano del Carso alla ricerca di frasche poste agli incroci delle strade che stanno a indicare le cantine dei contadini aperte, per pochi giorni l’anno, alla degustazione e alla vendita dei loro prodotti: vino, uova, formaggio e salumi. L’Osmiza dunque è un luogo di ritrovo familiare, è la casa di un contadino dove fermarsi e consumare prodotti a km zero. La tradizione sembra risalga addirittura ai tempi di Carlo Magno, che intorno all’810 con un editto consentì ai viticoltori dell’impero di vendere direttamente il loro vino ma solo per 8 giorni, da qui l’etimologia del nome che deriva dallo sloveno “Osmica” da osem, otto, come i giorni concessi.
Le cantine del Carso
Il Carso, l’altopiano che scivola dalle Alpi Giulie fino all’Adriatico è roccioso e calcareo, e ricco di grotte tra cui la più famosa è la Grotta Gigante che contiene la sala naturale più grande al mondo.
Qui nasce la Vitovska, un antico vitigno autoctono, riscoperto da Edi Kante, uno dei maggiori produttori della zona di Prepotto, che ha saputo portare in un bicchiere tutto il carattere della sua amata terra. Con i suoi 15 ettari di viti produce 65 mila bottiglie che raggiungono tutto il mondo. Da questa terra provengono anche la Malvasia istriana e il Terrano. Sempre qui, c’è un altro produttore, Benjamin Zidarich: nel suo vino mette tutta la sua passione usando metodi naturali.
La sua Vitovska Venezia Giulia IGT 2012, è stata premiata tra i migliori 50 vini d’Italia. Anche il suo vicino, Sandi Skerk, è un artigiano del vino. Il suo Ograde 2012, prodotto da uve Vitovska, Malvasia, Sauvignon e Pinot Grigio, si è aggiudicato 3 calici nella Guida dei Vini del Gambero Rosso 2014. La sua cantina nasconde una curiosità: al suo interno è stata scoperto l’ingresso di una grotta, l’Abisso Skerk, che sprofonda per oltre 130 metri nella terra e che è diventato un richiamo per gli speleologi.
Oltre a custodire il vino le grotte del Carso fanno maturare anche il formaggio. È lo Jamar, il formaggio in grotta che fa Dario Zidarich. Con un sistema di carrucole, le forme salgono e scendono in contenitori cilindrici poi appoggiati sul fondo a 100 metri di profondità.
Incontro con lo scrittore
Osservatore, conoscitore e cantore di Trieste, della sua storia, dei suoi personaggi, dei suoi paesaggi e dei suoi sapori è Veit Heinichen, lo scrittore tedesco che attraverso le parole dei suoi romanzi conduce il lettore in un viaggio alla scoperta del territorio. Protagonista dei suoi romanzi noir è il commissario Proteo Laurenti che, come lo scrittore, è un triestino d’adozione. Indaga malaffare e criminalità nella città di confine dell’estremo Nord-Est e attraverso il suo sguardo ne descrive complessità e contraddizioni. “Trieste è un misto di europeità, un crocevia, una città portuale dove si arriva e dove si parte – racconta Veit Heinichen a Ville&Casali. Trieste è terra di confine che può contare sulla ricchezza della diversità”. I suoi romanzi sono best- seller e sono stati tradotti in nove lingue. Sono diventati anche una serie per il primo canale televisivo tedesco.
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di ILARIA PROIETTI Foto di NICCOLÒ LOZZI
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